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Luca Zanin
Born in Veneto. Lived thereabouts and further.
Retail/FMCG
20/05/2024

Product Tales, 1: raccontare il prodotto digitale (ITA)

Enhancers è la prima digital product factory in Italia. Cosa significa? Che applichiamo un metodo per generare innovazione digitale disciplinata ed efficace e progettare e aggiornare continuamente futuri desiderabili. Perché factory? Perché integriamo i processi produttivi per trasformare una materia prima fatta di bit e pixel in prodotti finiti di successo. Un impianto a ciclo completo.

Per noi il digital product è prima di tutto una mentalità. Un framework concettuale e operativo che rovescia il paradigma per cui il software è una pura questione di ingegneria, e supera la compartimentazione tra design, con tutte le sue declinazioni (thinkinghuman centeredsystemservicefuturesuser experienceuser interface…), business e tecnologia. It’s all product.

Il nostro punto di vista è contemporaneo e computazionale (cit. John Maeda), cioè integra la cultura del progetto con quella dell’informatica, e da questo punto di vista vorremmo raccontare il prodotto digitale in una serie di interventi distribuiti su diversi media (articoli, video, podcast, talk…), che abbiamo intitolato Product Tales. Per contribuire a diffondere il digital product mindset di cui parlavamo qualche riga fa.

Let’s start at the very beginning. A very good place to start.

Di cosa parliamo quando parliamo di prodotto digitale

La crescita del PIL per kg di materia. Da”The inevitable”, Kevin Kelly, 2016

Dal 1870 in poi il valore economico generato per unità di materia prodotta negli USA è costantemente cresciuto. Alla fine del XIX secolo era pari a 0,25 $ di prodotto interno lordo per chilo. Con il passare dei decenni la curva ha acquisito via via sempre maggiore pendenza. I dati arrivano al 2000 — siamo 20 anni più avanti. A cavallo del nuovo millennio, a ogni unità di materia corrispondevano 4 $ di PIL. A cosa è dovuto questo incremento? Come è arrivato lo stesso chilo di materia a rendere il 1.332% in più?

From atoms to bits

Otto delle prime dieci aziende nella prima edizione della classifica Fortune 500 (1955) erano in un modo o nell’altro collegate all’industria automobilistica in irrefrenabile espansione. Il metallo e il petrolio le materie prime d’elezione da trasformare: atomi modellati in forme diverse per sprigionare valore. Corporation solide, tangibili, ingombranti, addirittura rumorose.

Nella top ten della lista delle top-performing companies del 2019, pubblicata da CEOWORLD, i dieci nomi del 1955 sono scomparsi, lasciando spazio soprattutto alle powerhouses digitali.

Agli atomi si aggiungono i bit. Immateriali, fluidi, senza peso: la nuova materia prima che, trasformata in prodotti digitali, genera valore sempre più elevato. Come ha affermato in un contesto diverso il matematico e data scientist Clive Humby, “data is the new oil”.

It’s a factory

Nell’ecosistema mid-century (leggi XX secolo) del prodotto industriale — auto, arredamento, elettronica di consumo: la lista potrebbe andare avanti a lungo — si è consolidato il modello collaborativo che coinvolge imprenditori, manager, designer e ingegneri nell’attribuzione di significati sempre nuovi alle materie prime e nello sviluppo efficace ed efficiente di prodotti destinati al mercato e, quindi, a creare valore. Ovvero, oggetti potenzialmente utili e desiderabili per alcuni esseri umani.

La radio T3 di Braun progettata da Dieter Rams. Sublime unione di design, ingegneria e business.

Oggi, al cambiare della materia prima, non cambia il paradigma. Lo dimostra molto bene Ian Spalter, Head of Design di Instagram negli anni della sua crescita esponenziale, quando in una puntata della serie Abstract: The Art of Design su Netflix spiega che “chiamiamo i nostri designer product designer, e il motivo per cui usiamo questa definizione è che non si occupano solo della user experience, ma della strategia del prodotto”. (Anche in Enhancers, naturalmente, li chiamiamo così. Il nostro Principal designer ha scritto un articolo sul tema.)

In una fabbrica di prodotti digitali come la nostra i depositari della visione di business, i progettisti e i tecnologi lavorano assieme in team misti fino dalle fasi iniziali di inception del prodotto, elaborandone il significato, il modello di servizio, l’architettura, la traiettoria tecnologica. Definendone le funzionalità e le relative priorità, i processi, i modelli di interazione, le interfacce. Disegnando, scrivendo codice, integrando tecnologie. Costruendo piattaforme per esperienze umane di valore, ecosistemi digitali che comprendono applicazioni mobile, servizi web, oggetti e spazi connessi, wearable, pannelli di controllo a bordo di un’auto, di una macchina industriale, di un elettrodomestico, dashboard di monitoring e analytics. Utilizzando in modo pragmatico le metodologie design thinking, lean UX, Agile.

Così funziona la manifattura dell’innovazione.

Digital product mindset at work

Questo l’approccio di trasformazione che applichiamo in ogni settore e ambito, che si tratti di nuovi servizi bancari, di elettrodomestici intelligenti, di retail evoluto, di industria 4.0, di fashion del futuro. Contribuendo ad aggiungere valore digitale a prodotti fisici ed esperienze tradizionali.

La mobile app my illy machine

Come nel caso di my illy machine. Lavorando con il team di illy sull’idea di partenza di una macchina espresso intelligente, e attraverso una serie di pivot successivi, siamo arrivati a creare una macchina che non finisce mai il caffè. Ovvero che è in grado, attraverso la sua mobile app, di comunicare i suoi consumi al sistema e, quindi, riordinare in autonomia le capsule prima che finiscano le scorte utilizzando il motore di replenishment DRS di Amazon. Fisico più digitale uguale nuove opportunità di business e maggiore valore prodotto, sia in termini di servizio che di revenue: torniamo al grafico visto all’inizio. Se siete curiosi, qui sotto trovate un video.

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